La rete non lascia spazio a dubbi: anche negli ultimi 10 giorni il grande motore del chiacchiericcio Twitter ha coinciso con The Donald. Il Presidente degli Stati Uniti, nel suo delicatissimo rapporto con i media nazionali ed esteri rispetto alla questione #fakenews, non concede terreno quasi a null’altro. La politica, così, si conferma elemento preminente anche nei mesi più caldi.
Ubi maior minor cessat, anche quando si tratta di materia fakenews. A confermarlo è l’analisi della questione informazione tra il 17 e il 27 luglio dove, per l’ennesima volta, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dimostrato di continuare a detenere una leadership quasi incondizionata rispetto alle restanti tematiche di attualità dal mondo.
Il picco più importante degli ultimi dieci giorni, ad esempio, lo ha visto protagonista durante la giornata del 22 luglio quando, nel corso del diciannovesimo Jamboree dei Boy Scout americani a Glean Jean in West Virginia, la sua presenza non ha rispettato i confini del “politicamente corretto” e il suo lungo discorso ha maldestramente virato verso tematiche di ben altro caratura: rispetto a un parterre di soli adolescenti, al centro del suo lungo intervento sono tornati i toni nazionalistici con cui aveva infervorato le piazze durante il lungo periodo della campagna elettorale così come la mai taciuta avversione verso l’universo dei media e dell’informazione. La singolare notizia ha fatto in poche ore il giro del Paese rimbalzando di account in account grazie all’onda lunga prodotta dall’hashtag #maga – l’acronimo emerso dalla rete con cui indicare “Make America great again” – e da un sentiment oggettivamente entusiasta proprio di coloro i quali sostengono il primo uomo della Casa Bianca.
Il dittico #maga e #fakenews, in particolare tra le giornate del 22 e del 25 luglio, ha prodotto un vero rigurgito di sentimentalismo a stelle e strisce, a cui poco sono serviti gli altrettanti tweet di indignazione con cui in tantissimi si sono schierati contro l’ennesima caduta di stile del Presidente nei confronti del sistema mass-mediale.
La media war americana non si è fermata nemmeno nei giorni successivi e il 26 luglio è stata la volta della bocciatura definitiva all’ipotesi di revoca della riforma sanitaria introdotta durante la presidenza di Obama.
La questione #repeal #republican aveva avuto già un primo picco a partire dal 17 luglio, giorno del fallimento del secondo tentativo di “repeal and replace obamacare” a causa del passo indietro dei repubblicani Lee e Moran, a cui aveva fatto seguito l’opera di mediazione dello stesso Trump il quale aveva ipotizzato di arrestare momentaneamente la questione e di lavorare nel verso di un piano totalmente ex novo per il comparto sanitario.
La stoccata finale, e il conseguente picco in rete, è arrivata a cinque giorni dalla fine del mese di luglio: il Senato ha bocciato definitivamente l’Health Care Freedom Act del Grand Old Party – vezzeggiativo riportato in auge dallo stesso Trump per indicare il Partito Repubblicano – per effetto dell’intervento di tre franchi tiratori dello stesso schieramento moderato al seguito del Presidente.
In generale, il tira e molla tra la Casa Bianca e i grandi canali d’informazione non ha smesso di produrre materia di dibattito sui social nel corso dell’intero periodo: il 18 luglio, in occasione del G20 ad Amburgo, è tornata in auge l’ipotesi di presunti legami tra la #russia e l’amministrazione Trump.
Secondo le dichiarazioni di Ian Bremmer, presidente di Eurasia Group, il sodalizio #trumprussia sarebbe stato ulteriormente rafforzato nel corso di un colloquio informale tra il Presidente degli Stati Uniti e Putin. Un’occasione di confronto particolarmente accorato tra i due leader mondiali seguita dalla consueta cena a cui hanno partecipato tutti i grandi esponenti politici intervenuti al summit.
Tempo poche ore, però, e la Casa Bianca ha prontamente smentito l’ipotesi dell’incontro segreto.
È bastato il tweet dello stesso Trump ad innescare un effetto a catena tra i tantissimi sostenitori della presidenza, che anche in questo caso non hanno mancato di far leva sulla diffusione sempre maggiore delle fakenews costruite ad arte.
Il binomio fake news/politica ritorna in auge anche nei giorni fra il 25 e il 27 luglio, quando anche il Partito Democratico finisce al centro del ciclone mediatico. Nulla sfugge infatti all’attento e critico occhio del popolo del web che non risparmia nemmeno il New York Times: con un volume di tweet non indifferente, il dibattito si accende intorno ai #Democrats e al presunto insabbiamento da parte dei media della notizia sull’arresto di Imran Awan, un consulente informatico del partito democratico e collaboratore di Debbie Wasserman Schultz accusato di frode bancaria.
Il sentiment manifestato dalla rete rispetto alla non-diffusione della notizia è apparso perfettamente in linea con la fervente indignazione contro la dubbia morale dei professionisti dell’informazione e delle testate nazionali .
Vittima del presunto effetto rolling stone antipresidenziale anche il conduttore radiofonico e giornalista televisivo Sean Hannity.
Reo di collocarsi apertamente a favore dell’ideologia conservatrice di Trump, lo storico volto di Fox News ha attirato l’attenzione della rete nella giornata del 27 luglio in seguito alla diffusione da parte della reporter di Hadas Gold di una singolare notizia: Hannity avrebbe speso ben 42 mila dollari per una cena a base di aragoste seduto al tavolo del lussuosissimo Trump Hotel di Washington.
La smentita non ha tardato ad arrivare, archiviando la vicenda come una notizia assolutamente non vera.
La poca attendibilità dei media è stato il grande imputato anche per l’unica fakenews di rilievo in territorio europeo. Il 29 luglio, in Francia, è rimbalzata in rete la notizia della scomparsa dell’attore statunitense Erik Per Sullivan, uno degli indimenticati protagonisti della teen series Malcom. La vicenda, resa ancor più credibile dalla ripresa dell’account di una nota rete televisiva nazionale che testimoniava la dipartita dell’attore, si è conclusa in una bolla di sapone quando si è scoperta l’assoluta integrità fisica del giovane.
Fiorinda Stasi e Angela De Mennato