Una tematica complessa da affrontare, spesso intaccata da contrapposizioni ideologiche o informazioni poco approfondite. Stiamo parlando dell’argomento del referendum del prossimo 17 aprile, che dovrà decidere se abrogare o meno la norma che prevede un prolungamento delle concessioni per le coltivazioni di idrocarburi offshore entro il limite delle 12 miglia dalla costa. Utilizzando dati provenienti da fonti ufficiali, due articoli pubblicati su La Stampa rispettivamente il 4 e l’11 aprile hanno approfondito la questione cercando di illustrare alcuni aspetti particolarmente poco chiari. Con l’ausilio di grafici e di mappe si è presentata ai lettori una serie di informazioni, utili allo scopo di aiutare la costruzione della propria opinione di elettori.

La prima tematica affrontata è stata la questione delle concessioni per la coltivazione di idrocarburi, punto chiave del prossimo referendum. I dati utilizzati provengono dall’ufficio interno al Ministero dello sviluppo economico, preposto a regolamentare la materia. Il territorio italiano, per quanto riguarda sia la terraferma che le acque che circondano la penisola, è interessato non solo da numerose concessioni che permettono l’estrazione di idrocarburi, ma anche da diversi permessi di ricerca di nuovi giacimenti. La mappa seguente mostra la distribuzione delle concessioni e dei permessi in Italia. Sono immediatamente riconoscibili le aree del suolo nazionale interessate da concessioni e quelle oggetto di permessi di ricerca, mentre nel mare si notano il limite delle 12 miglia, le aree disponibili per nuove attività, e la distribuzione delle piattaforme lungo le coste.

Riguardo alle concessioni su terra, il grafico seguente mostra la distribuzione di concessioni e permessi di ricerca nelle varie regioni italiane. Ad essere interessate sono 16 regioni su 20. La regione ad essere maggiormente toccata dall’attività di coltivazione di idrocarburi è dunque l’Emilia Romagna, seguita da Basilicata, Marche, Lombardia, Sicilia e Puglia.

Per le attività offshore, invece, le acque che circondano la penisola sono divise in sette zone indicate con le lettere dalla A alla G. Quella Adriatica è la porzione di mare più interessata da coltivazioni di idrocarburi, attraverso le quali è possibile estrarne tre tipologie: petrolio, gasolina e gas. Il grafico sottostante illustra i trend di produzione per ciascuna tipologia tra 1994 e 2015, distinguendo tra produzione a terra e produzione in mare:

Connessa alla tematica dell’utilizzo delle fonti di energia fossile è la questione dello sviluppo di fonti di energia rinnovabili per favorire la sostenibilità ambientale dell’economia del Paese. Il referendum, pur non toccando esplicitamente l’argomento, allarga però la discussione anche a queste tematiche e a quanto l’Italia faccia utilizzo di energie rinnovabili. Dati forniti dalla società Terna, che gestisce le reti di trasmissione di energia elettrica nel nostro paese, ci aiutano a capire il livello della produzione italiana di energia da fonti rinnovabili. Nel grafico sottostante si considera la produzione di cinque tipologie principali: idroelettrica, fotovoltaica, da biomasse, eolica e geotermica.

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https://plot.ly/~kode/14/energia-elettrica-da-fonti-rinnovabili/

L’arco di tempo considerato abbraccia il periodo tra il 1991 e il 2014. Emerge subito che l’energia idroelettrica è la principale fonte rinnovabile in Italia e che le altre, per quanto meno diffuse rispetto alla idroelettrica, hanno comunque registrato significativi incrementi di produzione.

La strada da fare resta però ancora tanta. Il grafico mostra la distribuzione della produzione di energia sul territorio italiano divisa regione per regione, e accompagnata dai dati relativi al fabbisogno delle regioni stesse.

È chiaro che nel paese il fabbisogno di energia è ancora maggiore rispetto alla sua produzione, e questo è evidente soprattutto in alcune regioni. Nonostante in alcune aree si produca più energia di quanta se ne consumi, altre regioni sono in deficit, cosicché il rapporto prodotto/fabbisogno nel nostro Paese resta negativo.

L’impiego in Italia di fonti energetiche tradizionali è ancora molto alto, anche se le fonti rinnovabili hanno conquistato negli ultimi anni sempre più spazio. Considerando i dati di Terna esposti nel grafico sottostante, e riguardanti il periodo 1991-2014, emerge dunque che l’impiego delle rinnovabili è ancora minoritario ma in crescita costante.

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https://plot.ly/~kode/20/distribuzione-percentuale-dellenergia-prodotta-in-italia-per-tipologia-di-fonte/

Nel 2014 si è raggiunta la soglia del 37% di energia prodotta da fonti rinnovabili. In Europa la situazione è in alcuni casi migliore, anche di molto, in altri decisamente peggiore.

La mappa mostra, per ognuno dei paesi europei, il rapporto tra utilizzo di energia rinnovabile e e totale di energia consumata:

Tra i paesi virtuosi sono da citare la Norvegia, l’Islanda e l’Austria. In Italia la percentuale si attesta al 33% circa, mentre molti altri stati contano percentuali nettamente minori.

Per avere un’idea di come cittadini ed elettori si siano approcciati a queste tematiche, è stata condotta un’indagine sulle conversazioni intercorse tra gli utenti Twitter nella giornata del 31 marzo e nella settimana dall’1 all’8 aprile 2016 sull’argomento in questione. Dall’indagine è emerso che, in entrambe le rilevazioni, l’hashtag più usato è stato #referendum17aprile, seguito da #trivelle:

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