Hillary Clinton e Donald Trump escono avanti nella notte del Super martedì, Bernie Sanders tiene viva la sua campagna progressista, Marco Rubio, su cui si appuntano le speranze dei dirigenti repubblicani ha conquistato solo il Minnesota e Ted Cruz, a parte il suo Texas, non conquista che l’Oklahoma. Sul web la notte elettorale che ha assegnato Il 22% dei delegati in palio, quasi un quarto delle nomination per la candidatura finale alla Casa Bianca, è stata bollente e permette di riconoscere gli umori della rissosa opinione pubblica americana.
L’analisi dei flussi su Twitter, elaborazione del team di Catchy per La Stampa, evidenzia subito il duello “soft” tra l’ex First Lady e il senatore socialista del Vermont Sanders. Clinton ha vinto in Arkansas, Alabama, Georgia, Massachusetts, Tennessee, Texas e Virginia, mentre Sanders ha vinto nel suo stato, in Colorado, Minnesota e Oklahoma, battendosi bene in Massachusetts. L’hashtag dei suoi supporter, #FeelTheBern, Senti come Scotta, gioco di parole tra Bern e Burn, brucia, per tutto il giorno è stato fra i più utilizzati, risultando stabilmente nella top ten, fino a toccare il terzo gradino del podio. Tra gli under 30, i Millennials, la generazione che si avvia a essere la più numerosa d’America, il web è il campo di battaglia e “Bernie”, con la sua campagna di piccole sottoscrizioni, affronta a viso aperto la Clinton.
Al primo posto della classifica degli hashtag più usati, quello “ufficiale”, cioè #SuperTuesday che faceva seguire un cappello da Zio Sam alla scritta. Al secondo, finisce il critico #NeverTrump, Mai Trump, twittato dai detrattori di Donald per esprimere il loro disappunto con le posizioni, considerate nazionaliste e populiste dell’imprenditore statunitense. Attenti alla coalizione Destra-Sinistra che “the Donald” ha creato. #NeverTrump è usato dai progressisti contro il populista palazzinaro, ma ha mobilitato ieri la destra intellettuale, lo studioso del Council on Foreign Relations Max Boot, vicino a Rubio, il direttore del periodico conservatore William Kristol, e tanti altri ex neococonservatori. Ma il web riflette l’America spaccata a metà e #AlwaysTrump, hashtag bandiera dei “trumpisti” è stato più volte a ridosso del podio per ore ed ore. Trump lo ha trascinato in alto: con i numeri in tv delle sue vittorie, l’hashtag rimontava. Tra i repubblicani dunque il web conferma il referendum contro o a favore di Trump. Gli altri due candidati repubblicani di punta, Rubio e Cruz, non sono mai stati in partita: e come le elezioni in vari paesi, dall’Italia 2013, all’India che ha eletto Narendra Modi, all’America di Obama 2012 provano, chi non lascia una forte traccia digitale in campagna elettorale manca la vittoria finale.
Amato dai suoi, disprezzato dai nemici, protagonista di due guerre, una contro l’America democratica della coppia Hillary & Bernie, l’altra fratricida contro l’evangelico Cruz e il conservatore Rubio, il vero vincitore del Super Tuesday digitale è quindi Trump. Nei primi dieci posti della classifica degli hashtag più twittati, infatti, il nome (o i riferimenti diretti, come #MakeAmericaGreatAgain, il suo motto) dell’imprenditore compare sei volte. E si deve notare che solo in un caso, quello di #NeverTrump, si trattava di un hashtag negativo. In parecchie campagne del recente passato il boom di citazioni ha poi corrisposto a boom di voti, algoritmo non scientifico ma, finora, funzionante.
L’hashtag della campagna di Hillary, #ImWithHer, non ha mai contrastato nei numeri Trump, fermo fra la settima e l’ottava posizione della top ten, a ribadire che l’ex senatrice e segretario di Stato è ora favorita per la nomination, ma non scalda la base. Sanders e Trump fanno, alla fine, un gran favore alla Clinton, il senatore del Vermont dandole una competizione sui temi, lavoro, economia, Wall Street, soldi alla politica, Trump mobilitando i giovani contro la destra.
Anche l’analisi delle tendenze su Google dei giorni prima del voto offre un’indicazione degli interessi sui candidati. Le ricerche di informazioni relative al Super Tuesday sono aumentate in modo costante negli ultimi dieci giorni a 45 gradi, fino all’impennata brusca delle ultime 24 ore. Gli americani cercavano risposte sul loro futuro: chi sarà eletto a novembre? Quanto alla candidatura dell’ex sindaco di New York, il tecnocrate indipendente Mike Bloomberg, che tanto appassiona gli esperti e gli analisti, per ora non se ne vedono tracce.
Le ricerche su Google rispecchiano i risultati finali. La Virginia, tradizionalmente banco di prova per i moderati vede il trionfo di Hillary e il secondo miglior risultato di Rubio, il “moderato” del GOP repubblicano. I trend di Google ricalcano questo esito (Rubio 32%, Ted Cruz 17%). Anche in Georgia le ricerche fanno da specchio alle proiezioni: i due contendenti del ruolo di anti-Trump si trovano più vicini, come più vicini sono nella realtà delle urne (entrambi al 24%). Per questo i guru dei partiti passano le giornate curvi sui trend di Google, oggi fedele previsione metereologica della politica. Quel che gli elettori cercano, spesso, finiscono per votare. Nella partita contro Trump, grande attesa in Texas, unico Stato dove Cruz era favorito e stavolta l’interpretazione dei trend Google è più complessa. Nonostante la sua recente popolarità, in Texas Trump è assai meno conosciuto del senatore dai natali canadesi e si guadagna una quantità enorme di ricerche. Spesso la molla sembra proprio la controversa proposta di costruire un muro di confine tra Texas e Messico, facendo pagare i costi giusto ai messicani. In casa vince Cruz, ma gli elettori chiedono in massa a Google “Perché sta vincendo Trump?” e il palazzinaro di New York domina le ricerche senza eccezioni.
Il web sta facendo da Specchio delle Brame ai candidati alla Casa Bianca 2016 e solo tre di loro possono ritrarsi nei dati con soddisfazione. Clinton vede confermato il suo passo da maratoneta, senza sprint, una falcata dietro l’altra verso la nomination. Sanders, outsider, ha nel web un’arma per la sua crociata progressista. E Trump, amato e odiato, è il candidato perfetto per la rauca conversazione digitale.
La ricerca sui flussi Twitter è stata condotta analizzando oltre due milioni e mezzo di tweet, raccolti nell’intervallo di tempo compreso tra le 21 italiane del 29 Febbraio e le 8 italiane del 2 marzo 2016. Al termine della raccolta, i 10 hashtag più usati in questo lasso temporale sono stati, nell’ordine: #supertuesday, #nevertrump, #feelthebern, #alwaystrump, #trump, #trump2016, #makeamericagreatagain, #imwithher, #trumptrain, #berniesanders. Confrontando tra loro le occorrenze dei primi 10 hashtag, emerge che #supertuesday, il più utilizzato, compare circa una volta su due, mentre in oltre un quarto dei post viene menzionato esplicitamente Trump, nel bene o nel male (#nevertrump; #alwaystrump; #trump; #trump2016; #trumptrain).
Grafici High Chart
Di seguito i grafici High Chart che rappresentano l’andamento dell’uso dei primi 10 hahstag usati su Twitter tra le 20 del 29 febbraio e le 8 del 2 marzo (ora di Greenwich). Nel grafico Area che segue sono visualizzati i dati dei primi 10 hahstag. In questa visualizzazione i dati vengono sommati ora dopo ora. Per apprezzare meglio la competizione tra gli hahstag dei candidati è stato escluso dalla visualizzazione l’hashtag #supertuesday.
Il grafico seguente visualizza i dati dei primi 10 hahstag. In questo grafico i dati vengono sommati ora per ora, perciò si apprezza l’andamento di popolarità dei vari hashtag nel tempo. Per apprezzare meglio la competizione tra gli hahstag dei candidati è stato escluso dalla visualizzazione l’hashtag #supertuesday.
Il grafico seguente visualizza i dati dei primi 10 hahstag. In questo grafico i dati vengono sommati ora per ora, perciò si apprezza l’andamento di popolarità dei vari hashtag nel tempo. In questa visualizzazione è stato incluso anche l’hashtag #supertuesday per apprezzare lo scarto di utilizzo con tutti gli altri.