Nonostante il suo significato ampio, innovazione oggi significa soprattutto tecnologia. Lo indica una ricerca Catchy condotta per più di due mesi su Twitter. Mentre il mondo parla delle frontiere dello sviluppo tecnologico (#bigdata #ai #IoT), l’Italia è impegnata in una discussione sugli aspetti imprenditoriali che dimostra scarso interesse per lo sviluppo tecnologico. Ma c’è un’altra innovazione sulla quale invece siamo tra i più attivi, è quella sociale, e anche qui la tecnologia c’entra qualcosa.
È innovazione ciò che segna la storia creando un prima e un dopo. Un punto di svolta in una delle dimensioni della vita dell’uomo. Questo almeno si apprende cercando la definizione sul vocabolario: “ogni novità, mutamento, trasformazione che modifichi radicalmente un ordinamento politico o sociale, in un metodo di produzione, in una tecnica” (Treccani).
E se come osservava l’ex CEO di Apple John Sculley, l’innovazione non è mai arrivata attraverso la burocrazia e la gerarchia, ma attraverso gli individui, quale miglior modo di guardare alle persone e ai dati che producono per capire cos’è l’innovazione? Catchy ci ha provato lanciando una pesca ai Big Data di Twitter in Italia e nel mondo, durata più di due mesi, per quasi 1,5 milioni di tweet.
Si noterà subito un cortocircuito: proprio i #BigData sono tra i protagonisti del ritratto dell’innovazione che emerge dall’insieme dei micropost raccolti. Il che non sorprende, ma è comunque significativo: guardata attraverso gli spazi delle tecnologie per la comunicazione “innovazione”, prima che “politica” o “società” significa proprio “tecnologia”.
In particolare basta osservare la classifica degli hashtag più citati insieme all’hashtag in inglese #innovation per avere una classifica delle espressioni di tecnologia più discusse.
1 – Internet of Things
Subito dopo l’hashtag #tech, il più presente insieme a “innovation”, troviamo #IOT, sigla che sta per “internet of things”. Ossia “l’internet delle cose”, la dimostrazione che la rete, la connessione diffusa tra le persone, si sta estendendo anche agli oggetti descrivendo una vera e propria macro-configurazione, non solo sociale, ma anche tecnica e sempre più ampia.
Al quarto posto un’altra sigla di due sole lettere con un unico significato ben preciso AI: “artificial intelligence”. Un argomento quello dell’intelligenza artificiale dall’ampia eco letteraria e cinematografica che non ha ancora esaurito la sua evocatività. Come ben dimostra la notizia corsa sulla rete nei giorni scorsi secondo la quale Facebokk avrebbe “ucciso due chatbot che avevano cominciato a parlare una lingua incomprensibile”. Una bella iperbole, fonte di un fraintendimento: lo scambio di frasi incomprensibili non significa certo che quelle chat avessero sviluppato un sistema di comunicazione tutto loro. Significa solo, appunto, che erano incomprensibili. Tuttavia l’intelligenza artificiale oggi si impone nelle discussioni in rete come campo di sviluppo effettivo e contemporaneo, orientato all’automazione delle scelte di comportamento degli oggetti tra loro connessi e rimandando quindi all’Internet of Things.
3 – Big Data
Come detto c’era da aspettarselo: i Big Data si parlano addosso. Eppure l’hashtag che si posiziona al quinto posto per co-occorrenze dimostra che quello del popolo di Twitter è un unico discorso. Sono infatti i Big Data l’anello di congiunzione tra l’Internet of Things e l’intelligenza artificiale. Solo la grande mole di dati prodotta dagli oggetti e dalle persone iperconnessi rende possibile l’avvio di processi circolari di apprendimento automatico delle macchine, il cosiddetto machine learning, frontiera dell’automazione.
Il fatto che #iot, #bigdata e #ai siano protagonisti di un unico discorso è suggerito anche dai dati stessi: la tripletta si ripete anche analizzando le parole più ricorrenti per ognuna delle parole stesse. “ai” e “bigdata” per esempio sono le parole più frequentemente associate a #iot.
Si tratta di un discorso abbastanza stabile nel tempo se si osservano i volumi dei diversi hashtag lungo tutto il periodo della ricerca. Le linee si intrecciano raramente mostrando una distribuzione regolare.
4 – Startup
Facciamo un passo indietro. Non vi sarà sfuggito che abbiamo saltato il quarto hashtag classificato. A questo punto il discorso diffuso nel nostro pescato selezionato sembra virare e porre una domanda all’interprete: “bella l’innovazione tecnologica, ma chi la fa?”. Sono infatti le #startup le grandi protagoniste dell’innovazione citate sul social del cinguettio. In volume quasi pari a quello di #ai e #bigdata.
5 – Fintech
Molti sarebbero pronti a scommettere nella prossima ascesa dell’hashtag in fondo alla top-five. A guardare ai trendi di ricerca su Google ci sarebbe da credergli. Altri invece ne stanno già annunciando la crisi, come avete potuto leggere sulle righe della nostra rubrica catchin-edge. Si tratta della tecnofinanza, identificata dall’hashtag #fintech. Per Twitter tecnofinanza significa soprattutto “bitcoin” e “blockchain”: le due parole più spesso associate. Alla base degli sviluppi della tecnologia della blockchain e dei Bit Coin c’è il processo di disintermediazione e decentralizzazione permesso dalle tecnologie della comunicazione. La fintech di Bitcoin e delle cryptovalute parenti è infatti un caso emblematico di quanto ricordava Sculley: l’innovazione non è mai arrivata attraverso la burocrazia e la gerarchia, ossia proprio ciò che la blockchain fa vanto di aggirare con la sua distribuzione decentrata del valore monetario.
Volumi di ricerca per “fintech”, tutto il mondo, dal 2004 ad oggi, Google Trends.
Una curiosità: la Nazione e la città che presentano i volumi di ricerca più alti per il termine “bitcoin”? La Nigeria, con la sua capitale Lagos. Qui la banca centrale ha parzialmente bandito i bitcoin, che stavano intaccando il valore della valuta ufficiale del Paese. A fargli compagnia nessuno dei grandi otto e nemmeno dei grandi venti. Ci sono piuttosto Bolivia, Ghana, Sudafrica, Colombia.
Innovazione, tecnologia, comunicazione: un ritratto fedele?
Riassumiamo: l’innovazione, secondo il macro-discorso che abbiamo tracciato ascoltando Twitter, è una questione tecnologica, e una questione tecnologica sospinta dalla moltiplicazione dei dati resi disponibili a loro volta dalle tecnologie della comunicazione.
Ma si tratta di un ritratto fedele dell’innovazione tecnologica nel mondo? In parte.
La risposta arriva osservando le tendenze delle richiesta di brevetti (patent application) reperibile sul sito dell’agenzia internazionale WIPO, che si occupa di raccogliere i dati dai diversi organi regionali nel mondo. Se si suddividono i dati in base al settore di applicazione. questo è risultato:
Tra il 2004 e il 2006, attorno all’avvento dei primi smartphone, si assiste a un’evidente impennata di alcuni settori tra i quali, al tempo del 2015, i più pendenti sono proprio quello della computer technology, seguita dalle apparecchiature elettriche e solo poi dalla comunicazione digitale, ossia la parte software del processo di innovazione di cui stiamo raccontando. Come si spiega il secondo gradino del podio? Col fatto che stiamo diventando energivori. E se il settore delle batterie non vi sembra una grande frontiera forse state trascurando quello che sta succedendo nel mondo dell’auto. Ma non preoccupatevi, come abbiamo visto, lo sta facendo anche il grande popolo di Twitter; o comunque non sta commentando il lato green dell’innovazione tecnologica.
Andrà meglio fuori dal social network? Se proviamo a dare uno sguardo alle curve di ricerca di Google Trends ci accorgiamo che alla ricerca dell’argomento “innovazione” sono correlati principalmente altri due argomenti: tecnologia e impresa, due dati compatibili con la nostra classifica basata su Twitter guidata da #Iot e guarnita di #startup. Ma niente green.
Italia mia fatti startup
Solo tenere bene a mente la centralità di impresa e startup nelle conversazioni sull’innovazione ci permette di non considerare il Belpaese come se fosse in tutt’altre faccende affaccendato rispetto al resto del mondo. Se viene ristretta ai tweet in italiano, ossia al preciso termine “innovazione”, la nostra pesca restituisce i contorni di un flusso di discorso molto diverso da quello espresso dall’ambito anglofono. Proprio l’hahstag #startup si presenta al primo posot degli hashtag più associati a “innovazione”, staccando di molto gli inseguitori. Inseguitori che in realtà afferiscono allo stesso dominio di discorso: #PMI, #business, #innovation, e solo poi, al settimo posto, #bigdata. Nessuna traccia di #AI e #IoT nella top ten, mentre rispettivamente al terzo e all’ottavo posto compaiono #roma (dovuto probabilmente all’alto numero di eventi anche specialistici dedicati al tema) e #commercialista. Più che un’avventura tecnologica insomma, l’avventura dell’innovazione Italiana sembra un’avventura burocratica, che ha per protagonista le imprese. Un’avventura alla quale ha provato a dare una svolta il ministero dello Sviluppo Economico che si è impegnato nel tentativo, testualmente, di rendere l’Italia “Un Paese più ospitale per le startup innovative”.
Il fu genio italico?
Attardata a discutere dei problemi posti da questo volto dell’innovazione tecnologica, l’Italia mostra un certo distacco nel confronto internazionale, secondo più punti di osservazione. Innanzitutto il numero di brevetti richiesti in proporzione alla popolazione. Se si disegna con l’aiuto dei tool WIPO una mappa dal 2004 al 2015, la media del dato restituisce uno scenario con un mondo a cinque velocità, con l’Italia in terza fascia.
Il ritardo Italiano è ben visualizzato anche dalle curve di ricerca su Google. La ricerca dell’argomento “innovazione” negli ultimi 12 mesi non restituisce alcuna città italiana tra le più interessate. Né Milano, né la Roma pluricitata su Twitter paiono essere delle metropoli dell’innovazione.
Le cose non cambiano se guardiamo all’interesse generato dall’argomento “startup”, al quale l’Italia di Twitter si dimostra così appassionata. Se certo nulla può scalzare il dominio da parte di San Francisco ugualmente non si trovano Milano e Roma nella lista. La prima città europea si trova già al quarto posto, ed è Berlino.
Non sarà molto social, ma è molto sociale
Trovare l’Italia tra le Nazioni più appassionate al tema dell’innovazione si può, ma si tratta di un tipo di innovazione che coinvolge la tecnologia come strumento: l’innovazione sociale. Negli ultimi 12 mesi tra le query di ricerca più associata al termine “innovazione”, al secondo posto tra “innovazione tecnologica” e “innovazione digitale” troviamo proprio “innovazione sociale”.
Per trovare la query “social innovation” tra quelle più frequentemente associate a “innovation” bisogna invece scendere fino all’ottavo posto. Forse è questo il lato dell’innovazione sul quale l’Italia si mostra tra le capofila, recuperando in questo senso l’interesse per lo sviluppo tecnologico. Uno sviluppo però orientato a uno scopo e non discusso in sé e per sé. Anche parlare di innovazione sociale vuol dire parlare di digitale, e non a caso il report del DSI4EU project (Digital Social Innovation for Europe)riporta un’ Italia molto attiva nella ricerca di utilizzi innovativi dei social media allo scopo di promuovere il cambiamento nelle comunità di cittadini.
Insomma, intrecciando diverse fonti di big data il ritratto dell’innovazione all’italiana presenta diversi profili peculiari. Per parafrasare la battuta dell’ingegnere della NASA Gene Kranz, interpretato in Apollo 13 da Ed Harris, agli Italiani non interessa molto per cosa un’innovazione sia stata progettata, interessa di più che cosapossa fare, e soprattutto come un’impresa ci si possa riuscire.
Francesco Nespoli